4 Maggio 1949: La Strage di Superga. L’Eterno Ricordo del Grande Torino che non muore mai perché il 4 maggio non è un giorno qualunque nel calendario del calcio italiano.
È una data che si veste di silenzio, commozione e memoria. È il giorno in cui, nel 1949, il Torino Football Club – la squadra più forte d’Italia e tra le più ammirate al mondo – scomparve tragicamente in un incidente aereo sulla collina di Superga, alle porte di Torino. Quel giorno morì il “Grande Torino”, ma nacque un mito immortale.
L’Incidente di Superga: Una Tragedia Senza Precedenti
Il disastro avvenne il 4 maggio 1949 alle ore 17:05. L’aereo Fiat G.212 della compagnia ALI (Avio Linee Italiane), di ritorno da Lisbona dove il Torino aveva giocato un’amichevole contro il Benfica in onore del capitano portoghese Francisco Ferreira, si schiantò contro il terrapieno della Basilica di Superga, complice una fitta nebbia e un errore di altitudine da parte del pilota, che credette di trovarsi sopra la pianura, quando in realtà stava sorvolando le colline.
A bordo vi erano 31 persone: l’intera squadra, lo staff tecnico, giornalisti e membri dell’equipaggio. Nessuno sopravvisse. Tra le vittime, campioni come Valentino Mazzola, Ezio Loik, Guglielmo Gabetto, Romeo Menti, e tanti altri. Il cuore pulsante del calcio italiano si fermò all’improvviso.
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Il Grande Torino: Una Squadra Leggendaria
Il “Grande Torino” non era una squadra qualunque. Era il simbolo della rinascita di un’Italia ferita dalla guerra. Fondata nel 1906, la squadra granata conobbe la sua epoca d’oro negli anni ’40, conquistando cinque scudetti consecutivi (dal 1943 al 1949, con l’interruzione del conflitto) e dominando in maniera assoluta il panorama calcistico italiano.
Il gioco di quel Toro era moderno, veloce, spettacolare. Gli avversari lo definivano “invincibile”. La Nazionale italiana si basava quasi interamente su quella rosa: 10 su 11 titolari azzurri erano granata.
Valentino Mazzola, il capitano, era il volto, l’anima e il motore della squadra. Il suo gesto – tirarsi su le maniche prima di un’azione decisiva – è ancora oggi leggenda.
La squadra era composta da uomini che avevano saputo unire talento, grinta e un profondo senso di unità. Ferruccio Novo, il presidente, aveva creato non solo una squadra vincente, ma un gruppo di amici, una famiglia che incarnava lo spirito di un Paese che voleva ricominciare.
Il Funerale e il Lutto di un Intero Paese
Il funerale collettivo si tenne il 6 maggio 1949 a Torino. Una folla immensa — oltre 500.000 persone — accompagnò i feretri per le vie della città. Uomini e donne, giovani e anziani, piangevano insieme. Non era solo la tragedia di una squadra, ma quella di un’intera nazione.
Le avversarie del Torino decisero di schierare le formazioni giovanili nelle ultime partite di campionato, in segno di rispetto. Il titolo fu assegnato d’ufficio al Torino, che chiuse la stagione a pari merito con la squadra dei cadetti: un gesto simbolico, che onorava il valore e la grandezza dei caduti.
Superga Oggi: Un Luogo Sacro dello Sport
Ogni anno, il 4 maggio, i tifosi del Torino e appassionati di calcio di tutto il mondo si raccolgono a Superga per rendere omaggio alla squadra. I capitani granata, anche oggi, leggono i nomi delle vittime davanti alla lapide commemorativa sulla facciata della basilica.
Quella scalata a piedi alla collina è un rito. Un pellegrinaggio laico che unisce generazioni. Perché il Grande Torino non è solo un ricordo sportivo: è un esempio di vita, di passione, di spirito collettivo.
Il 4 maggio non è solo una data. È un sentimento. È un nodo alla gola per chi ama il calcio, per chi ama la bellezza, il sacrificio, l’eccellenza. Il Grande Torino rappresenta ciò che il calcio può e deve essere: uno strumento di unione, di riscatto, di poesia.
Oggi, in un mondo spesso dominato da interessi economici e individualismi, quella squadra ci ricorda che il calcio nasce per unire. Che esistono ancora valori come il coraggio, la lealtà, il gruppo. Che l’identità sportiva può essere una forma di resistenza culturale.
Guardare la lapide di Superga, leggere quei nomi incisi, è come sfogliare una pagina di storia viva. Sono nomi che non invecchiano, che continuano a ispirare. Il Grande Torino è immortale non perché è stato forte, ma perché ha lasciato un’impronta eterna nel cuore di milioni di persone.