Han Kang è una scrittrice sudcoreana, vincitrice del Man Booker International Prize nel 2016 con il romanzo “La vegetariana” e del Premio Nobel per la letteratura nel 2024. “La vegetariana” viene pubblicato in Sud Corea nel 2007 per arrivare sul mercato italiano quasi dieci anni più tardi.
Un romanzo con caratteristiche molto differenti da ciò a cui siamo abituati. Frutto della penna della prima scrittrice Sudcoreana ad aver vinto un Premio Nobel è di fatto un’istantanea della società dell’epoca.
Siamo nel primo decennio del duemila e evidentemente, a differenza della cultura occidentale, nella cultura orientale il vegetarianesimo non è ben visto e nemmeno accettato.
“La vegetariana” è un testo breve di 177 pagine ed è suddiviso in tre macro capitoli nessuno dei quali dà voce alla protagonista Yeong-Hye.

Nel primo capitolo la voce narrante è il marito che per primo vede il cambiamento della moglie. Yeong-Hye passa dall’essere la moglie invisibile ma efficiente all’essere una moglie di cui non solo si nota la presenza ma si prova addirittura vergogna.
“…Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l’avevo sempre considerata del tutto insignificante. Per essere franco, la prima volta che la vidi non mi piacque nemmeno…..Tuttavia, pur non avendo attrattive speciali, non presentava nemmeno particolari difetti, e quindi non ci fu ragione di non sposarci…”
La Vegetariana, una storia diversa da tutte le altre
Già dalla prima frase si capisce il modo in cui la donna viene trattata e considerata. Si può liberamente parlare di patriarcato e misoginia. Forse stanca di tutto questo Yeong-Hye un giorno si sveglia da un incubo fatto di sangue e carne e prende la decisione di buttare tutto quello che in casa ha un origine animale.
Cibo, vestiti, accessori, tutto e questo comportamento fa infuriare il marito. Oltre all’alimentazione la donna decide piano piano di disfarsi anche delle convenzioni sociali e di vivere come più preferisce. Inizia a girare nuda per casa e a parlare ancora meno del solito.
Risponde solo a domande dirette e il più delle volte in modo del tutto sconcertante. Durante una cena con i colleghi del marito viene pubblicamente derisa per il fatto di non mangiare carne e per il modo in cui si veste e si comporta.
Questo episodio spinge il marito a contattare i genitori della moglie che prontamente intervengono. Il padre padrone, nello specifico, durante un pranzo in famiglia decide di far valere la sua autorità insindacabile ma “La vegetariana” risponde a tono scatenando l’ira del genitore e dei parenti che decidono di farla curare.
Nella seconda parte a parlare è il cognato che, dopo il ricovero e le dimissioni di Yeong-Hye, inizia a fantasticare sull’essere della cognata. Forse capisce il suo vero desiderio di diventare una pianta o forse molto semplicemente è l’ennesimo uomo che sa di poter prevaricare su una donna. Questo capitolo è crudo, artistico ma forse il più brutto da leggere a mio avviso.
“…L’aveva già vista nuda di fronte, quando era piombato all’improvviso a casa sua, ma lo spettacolo del suo corpo che giaceva lì abbandonato senza opporre la minima resistenza, eppure corazzato dal potere della sua stessa rinuncia, fu così intenso da fargli affiorare le lacrime agli occhi…”
Nell’ultimo capitolo, dove a parlare è la sorella di Yeong-Hye, ci troviamo davanti ad una donna prosciugata di tutto. Non solo dal cibo, ma anche dalla voglia di vivere. Nulla le interessa più. Le interessano solo gli alberi e il sole.
Yeong-Hye si lascia andare e rifiuta ogni sforzo della sorella di riportarla alla civiltà e alla fine finalmente qualcuno si decide ad ascoltare la sua volontà ignorando le norme e le regole della società.
Il tema non è essere “La vegetariana” inteso come stile di vita alimentare ma inteso come essere diversi in un mondo di onnivori. Il desiderio profondo di qualcosa che non c’è, di esprimere finalmente un pensiero che sembra sia solo nella tua testa. In una società dove tutte le donne sono mogli, madri e femmine devote al padre e al marito senza mai lamentarsi fin dove è giusto sopportare? Quando arriva il momento di dire basta?
Io non credo che Yeong-Hye si ribelli in questo testo, penso piuttosto che arrivi a un punto di rottura. Quello che ho percepito leggendo di lei, visto che lei non parla mai se non per descrivere il suo sogno rivelatore, e che è una persona infelice.
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Educata a non farsi notare e a seguire i dettami deve vivere sotto la superficie cercando di non creare troppe onde. Mi immagino la rassegnazione e la malinconia che a lungo andare logorano la mente fino a quando, quasi a difesa, la mente stessa non decide di spegnersi e disconnettersi da tutto.
Ho trovato “La vegetariana” un testo abbastanza difficile da leggere e che alla fine lascia un grosso dubbio e un enorme punto interrogativo sul significato di quello che si è appena letto. Non è molto chiaro il messaggio, forse per la differenza stilistica della cultura Coreana, ma sicuramente non è un testo qualunque.
La rappresentazione della struttura familiare è sicuramente diversa da quello che viviamo oggi, anche se non per tutti è così, e anche le abitudini sono molto differenti. Mi ha colpito un particolare. La sorella e il cognato di Yeog-Hye hanno un rapporto singolare.
Lei lavora tutto il giorno nella sua attività cosmetica, mentre lui sta molto a casa per realizzare le sue opere artistiche. L’onere della casa, delle faccende e della cura del figlio sono però ad appannaggio esclusivo della donna benché lei lavori anche fino a tardi la sera.
Non sembra esserci nessuna forma di condivisione o di supporto dalla parte maschile verso la parte femminile che invece deve essere sempre accudente e disponibile. Si può biasimare qualcuno per arrivare a detestare tutto questo al punto di disconnettersi da tutto?
Essere un albero e vivere in armonia con la natura e con gli animali senza obblighi sociali o giudizi esterni. Esistere e far parte di un sistema puro e semplice nutrendosi di sole e acqua senza il bisogno di far male a nessuno o di prevaricare nessuno.
Sembra un bel sogno.
“…Forse questo è tutto una specie di sogno….Anch’io faccio dei sogni sai? Dei sogni…in cui potrei dissolvermi, lasciare che abbiano il sopravvento su di me…ma non esiste soltanto il sogno,no? Dobbiamo svegliarci a un certo punto, non è così? Perchè…perchè allora…”